Un nuovo studio dell’Università del Missouri (Mizzou) cambia le carte in tavola su come l’attività fisica possa influenzare la salute del cervello, rivelando che l’esercizio fisico può prevenire il declino cognitivo anche quando il cervello riceve poca energia. I risultati, pubblicati sul The Journal of Physiology (DOI: 10.1113/JP287573), suggeriscono che mantenersi attivi è una delle strategie più potenti per difendere memoria e funzioni cognitive, anche in condizioni metaboliche compromesse.
Il cervello in carenza energetica? L’esercizio resta un alleato
Lo studio guidato da Taylor Kelty e R. Scott Rector, esperti del Roy Blunt NextGen Precision Health Institute, ha analizzato gli effetti dell’attività fisica in soggetti con produzione epatica di chetoni ridotta. I chetoni sono molecole fondamentali per il cervello, soprattutto quando scarseggia il glucosio. Vengono prodotti dal fegato e rappresentano una fonte energetica alternativa capace di supportare la memoria, l’apprendimento e il funzionamento generale del sistema nervoso.
Tuttavia, in condizioni di danno epatico o disfunzione metabolica, la capacità del corpo di produrre chetoni può essere compromessa. I ricercatori hanno scoperto che, anche in assenza di una normale produzione di chetoni, l’esercizio fisico è riuscito a contrastare i sintomi di declino cognitivo.
“Ci aspettavamo che con livelli bassi di chetoni l’esercizio non fosse efficace – e invece accade l’opposto”, spiega Kelty. “Ci sono meccanismi alternativi nel cervello che vengono attivati grazie all’attività fisica”.
Una scoperta cruciale per chi soffre di malattie epatiche o è a rischio demenza
Questa scoperta ha implicazioni importanti, soprattutto considerando le proiezioni sul morbo di Alzheimer, che secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) è destinato a colpire il doppio degli americani entro il 2060. Lo studio evidenzia che il deterioramento cognitivo potrebbe essere accelerato da una ridotta capacità del fegato di produrre chetoni, condizione comune in chi soffre di patologie epatiche croniche.
“Il legame tra fegato e cervello è un campo di ricerca emergente”, sottolinea Kelty. “Capire questo collegamento può aiutarci a individuare nuove strategie preventive contro la demenza”.
Esercizio fisico: un farmaco naturale per il cervello
Il professor Rector ha evidenziato come l’attività fisica agisca su una molteplicità di vie biologiche, anche quando non sono completamente note: “Anche se eliminiamo un singolo percorso, l’attività fisica continua a produrre effetti benefici su mente e corpo. È come un farmaco naturale a rilascio continuo.”
Questa visione è supportata anche da ricerche precedenti pubblicate su riviste prestigiose come Nature Neuroscience e Harvard Health Publishing, che confermano come l’esercizio regolare migliori la neuroplasticità, aumenti il flusso sanguigno cerebrale e riduca l’infiammazione.
Prospettive future: la salute cognitiva parte dal movimento
Il team della Mizzou auspica che questa ricerca possa essere solo l’inizio. Grazie a collaborazioni interdisciplinari e tecnologie di ultima generazione, l’obiettivo è comprendere sempre meglio come l’attività fisica possa proteggere il cervello durante l’invecchiamento, persino in individui con condizioni di salute compromesse.
“È entusiasmante pensare a dove ci porterà questa ricerca”, ha detto Kelty. “L’attività fisica potrebbe essere uno degli strumenti più potenti che abbiamo per preservare la nostra salute mentale nel tempo”.
Fonti autorevoli citate:
- The Journal of Physiology – DOI: 10.1113/JP287573
- Harvard Health Publishing – “Exercise and the brain”
- Centers for Disease Control and Prevention (CDC) – Proiezioni sull’Alzheimer
- Nature Neuroscience – Studi sull’effetto dell’esercizio sulla neurogenesi